Frank Cornelissen, il vignaiolo belga che racconta la roccia liquida
29 avril 2019Questo signore ha trasformato la lava dell’Etna in vino: Frank Cornelissen, il vignaiolo belga che racconta la roccia liquida
“Quando ho iniziato ero alla ricerca di un concetto preciso: volevo trovare la lava dentro la bottiglia, quello che io chiamo la roccia liquida.”
A dirlo è Frank Cornelissen, uno dei più famosi produttori dell’Etna. È arrivato da lontano, molti anni fa, per impiantare la sua cantina, ma non è siciliano e neanche italiano.
Frank è arrivato in un momento in cui, anche se i vini dell’Etna non erano così conosciuti come oggi, il fermento tra le contrade che si estendono dolcemente sul vulcano era già grande. Prima di lui alcuni vignaioli illuminati si accorsero che c’era molto da fare per valorizzare il terroir e i suoi vini. Così tra gli anni 90’ e primi anni del 2000 si diffuse una vera consapevolezza del valore di questo prezioso territorio, considerato oggi tra i più pregiati d’Italia.
I vigneti coltivati da Frank si trovano nella vallata a nord dell’Etna. Muretti a secco a perdita d’occhio, pietra lavica e una vegetazione spontanea avvolgente, in perfetto equilibrio con il lavoro dell’uomo che qui da sempre produce e trae sostentamento da una terra difficile ma generosa. Pochi ettari e vigne coltivate ad alberello, niente filari, erbe e vegetazione spontanea, alberi da frutto sparsi qua e là. Basta uno sguardo per sentire immediatamente la natura del Mungibeddu.
“La filosofia di produzione del mio vino è fondata su un principio semplice: l’uomo è incapace di capire la natura nella sua totalità, la sua complessità, e le sue interazioni. Per questa ragione ho scelto di osservare per imparare da Madre Natura, perché preferisco seguire le indicazioni che mi dà piuttosto che decidere da solo cosa fare.”
Nel 2001 Frank inizia a produrre 500 bottiglie. A distanza di quasi vent’anni i sui vini contano estimatori da ogni parte del mondo. L’idea di vino di Frank è libera da ogni tipo di condizionamenti, regole o classificazioni. Dietro questo successo c’è la sensibilità di un viticultore che nel corso degli anni ha liberamente sperimentato tecniche e metodi fuori dagli schemi. Come quando, qualche anno fa, scelse di usare le anfore e l’ossidiana per la fermentazione dei suoi vini, convinto che l’energia di questa pietra lavica potesse aiutare la concentrazione e che questo facesse immensamente bene alle uve. Oggi Frank ha abbandonato questo metodo e preferisce far riposare i mosti in cisterne di vetroresina, come si faceva in Sicilia fino agli anni 60-70.
Sperimentare, provare, cambiare, in un circolo di rigenerazione continua, questo è il mantra di Frank.
“Se avessi studiato enologia avrei prodotto l’ennesimo vino standardizzato – racconta- invece mi piace la sperimentazione con un concetto e degli obiettivi precisi: punto alla massima espressione del territorio.”
I suoi sono vini nudi, sincera e autentica espressione di una montagna che ha ormai fatto sua, complice la passione per l’alpinismo che da sempre lo porta ad accettare di buon grado le grandi sfide. Vini, soprattutto alle prime vendemmie, non facili da capire e difficili da vendere.
“Soprattutto all’inizio non è stato facile fare passare questo tipo di filosofia di vinificazione, oggi siamo più o meno tutti abituati a bere vini diversi dalla perfezione dei vini industriali, ma vent’anni fa le mie bottiglie tornavano spesso indietro nei ristoranti, perché la gente le considerava difettose. Per fortuna ci sono stati ristoratori che hanno saputo accorgersi del valore di quei vini e mi hanno dato fiducia. In primis Andrea Graziano che è sempre stato un grande sostenitore delle mie produzioni e mi ha aiutato a spiegare quella che allora era una nuova filosofia di vinificazione.”
Una delle produzioni più prestigiose di Frank si chiama «Magma» con chiaro riferimento alla lava. Una vera chicca, spesso introvabile, ricercata in tutto il mondo. Un vino costantemente presente nella nostra carta, insieme alle altre etichette di Cornelissen come “Susucaru », “Rosso del Contadino” e “Munjebel”.
Credit Foto: Frank Cornelissen e Øystein Haara
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