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Cinzia Zenocchini x FUD

22 8月 2023

Cinzia Zenocchini x FUD

22 8月 2023

Una simpatica capra girgentana sull’isola SAMMER, osserva l’estate nel delicato acquerello di Cinzia Zenocchini, illustratrice dallo stile vibrante ed immediato.

Bresciana d’origine, Cinzia è un’illustratrice freelance. Trasferitasi a Milano per studiare design della comunicazione al Politecnico, si è specializzata nella tecnica dell’acquerello. Una tecnica che l’ha sempre affascinata per la sua rapidità di esecuzione e per il suo essere così imprevisto.

Le abbiamo fatto qualche domanda, ecco come ha risposto.

Nello stereotipo comune si pensa che l’acquerello sia la tecnica preferita di quegli artisti che viaggiano tanto e lavorano all’aria aperta: ti ritrovi in questa descrizione?

Mi ci ritrovo abbastanza anche se vorrei poterlo fare di più, idealmente tutti i giorni. Amo viaggiare e stare all’aria aperta e quando vado in giro porto sempre con me uno sketchbook, ma quando si tratta di “lavorare lavorare” sono anch’io seduta gobba dietro ad una scrivania.
 
Nella tua illustrazione il SAMMER è un’isola paradisiaca immersa nel blu. Se potessi partire ora verso una meta sconosciuta dove e con chi andresti? (PS: è ammessa anche la capra girgentana).
Ci andrei con i miei migliori amici, il mio sketchbook e la musica, ma l’idea della capra da compagnia non è male 😉
Fai parte dei “Millennials”, una generazione a cavallo tra l’analogico e il digitale. Anche nei tuoi lavori, metaforicamente e non, convivono materiali “old school” (tipo gli acquerelli, i pennelli, i pastelli o la china) e strumenti tecnologici. Come concili questo appartenere a “due mondi”? 
È una dicotomia che mi porto dietro da parecchio tempo: ho cominciato a disegnare sperimentando con le tecniche artistiche analogiche che ho acquisito al liceo, come acrilici, matite, acquerelli e inchiostro eccetera, poi crescendo come professionista ho inevitabilmente adottato e integrato una parte digitale che mi permette di avere una maggiore flessibilità nel lavoro, e che ora fa parte del mio linguaggio in modo più o meno evidente.
Diciamo che a volte mi sento come Jean Claude Van Damme che fa la spaccata tra due camion (la reference è per i millennials, appunto), ma non mi spezzo, anzi.
 
Se potessi rappresentare te stessa come un piatto quale sceglieresti e perché. 
Vorrei rispondere con un piatto tipico della tradizione lombarda per via delle mie radici, ma penso di assomigliare di più ad uno di quegli street food pieni di tante verdure colorate e con consistenze diverse, tipo un summer roll vietnamita, o un taco: fresco, colorato, leggero e sempre accompagnato da salsa piccante. Adoro i contrasti di sapore e i colori brillanti.
 
Che consiglio daresti a chi volesse intraprendere questa carriera?
Di cercare di trovare e maturare uno stile unico ed originale lasciandosi guidare da gusto e istinto, ma anche di non mollare, perché serve tanta pratica ed essere creativi significa essere in continua evoluzione. Infine, di non aver paura di lanciarsi in qualcosa di nuovo anche se può sembrare inarrivabile.